Domenica 10 maggio 2014 a Roma oltre trecentomila persone hanno accolto papa Francesco, maestro di quella che egli ha definito una «classe speciale» fatta di figli, genitori, insegnanti, educatori e assistenti scolastici. L'aula occupava tutta piazza San Pietro, via della Conciliazione e le vie limitrofe. Tante le persone, tutte insieme anche se di età e ruoli diversi, ed è il Papa stesso a spiegare come nonostante le differenze la lezione poteva essere una sola. Non c'è età per la conoscenza, perché l'educazione, l'amore per il sapere sono alla base della vita umana, una continua ricerca che il Papa ha interpretato come un viaggio al quale tutti siamo chiamati per essere davvero vivi. Ma un viaggio particolare che non si può compiere da soli e che non ha una strada precisa.
Si è parlato di scuola, ma non quella fatta di numeri, della scuola vera, quella che educa alla vita, che fa scoprire se stessi, quella che deve essere un trampolino per poter volare liberi verso le proprie mete. Dalle tantissime testimonianze è emerso che la scuola deve essere un luogo di scoperta, di indagine, che parte prima di tutto da se stessi, dai propri limiti e dalle proprie doti e dal riconoscere gli altri come ricchezze e doni da rispettare. Ogni istante nella scuola è un'opportunità di crescita. Quando un docente all'inizio della lezione fa l'appello, gli alunni rispondono "presente". Questo "presente" vuol dire “io ci sono”, ed è in questo momento che avviene un incontro, il docente nel nominare uno ad uno i suoi allievi è come se li accogliesse, ne riconosce la loro presenza come persone con caratteristiche e capacità uniche e diverse da quelle di tutti gli altri. L'interrogazione è un momento nel quale più importante ancora dall'aver studiato o meno è importante capire che in quell'istante il docente riconosce nello studente una persona e ha delle aspettative, sta cioè donando fiducia e responsabilità, ma sta anche imparando qualcosa di nuovo insieme a tutti gli altri, sta conoscendo la persona che ha davanti.
La scuola è quindi luogo di incontro fatto per conoscersi, ed è dal conoscersi e incontrarsi che nasce l'amore. Don Lorenzo Milani diceva che per rimanere una persona aperta alla realtà bisogna aver imparato ad imparare e Francesco ha augurato agli insegnanti di avere una necessità continua di ricerca di un di più, perché questo loro atteggiamento influenzerà anche l'atteggiamento dei loro allievi e il loro approccio alla vita, al vero, al bello e al bene. Ma in tutto ciò fondamentale è anche il ruolo dei genitori, la famiglia è il primo nucleo di relazioni che saranno alla base di tutti i rapporti futuri. La scuola invece è luogo di incontro con persone diverse, è la prima esperienza di società che integra la famiglia, la quale però non è contrapposta a questa ma è chiamata a collaborare, a venire ad incontrare e tanto più i genitori saranno coinvolti e uniti tra loro e con i docenti tanto più ci sarà rispetto e amore; è condivisione del viaggio. Il Papa come un buon maestro ha fatto ripetere alla sua classe un detto africano che riassume l'importanza della scuola: “Per educare un figlio ci vuole un villaggio”. La famiglia non basta, perché c'è bisogno dell'incontro e del confronto con la diversità, l'arricchimento che gli altri ci donano. Come ogni rapporto c'è però bisogno di volontà, entrambe le parti devono volerlo. La strada è faticosa e le sconfitte sono tante nella vita, ma continuando a provarci tutti possono raggiungere i loro obiettivi. Citando la testimonianza di Jury Chechi, Francesco ha sottolineato come «Sia sempre più bella una sconfitta pulita che una vittoria sporca». Non ci sono scorciatoie e la scuola è chiamata proprio a dare supporto nelle fatiche e ad essere più attenta ancora nel caso di persone con maggiori difficoltà. Tutti devono avere la possibilità, la speranza e i mezzi per crescere, deve esserci uguaglianza, tutti i muri devono essere abbattuti, e al loro posto vanno costruiti ponti, perché la disabilità, le diverse culture e l'alterità sono pozzi di ricchezza e non disagi. La scuola deve essere per tutti una finestra che si affaccia al futuro, il domani è infatti il riflesso di ciò che abbiamo imparato ieri. Gli uomini del domani sono già qui oggi e la loro libertà la costruiscono abbattendo i limiti del loro orizzonte attraverso l'infinità della conoscenza. Gli insegnanti come i genitori sono chiamati a prendersi cura di quell'Io che è frammento di Dio custodito in ognuno di noi. Insegnare non vuol dunque dire innestare nozioni, ma accompagnarsi nel piacere della condivisione della conoscenza del sapere, il quale deve avere alla base il vero, il buono e il bello strettamente intrecciati tra loro. Ha spiegato il Papa che se una cosa è vera, è buona ed è bella e se è buona, è vera ed è bella così come se è bella allora è anche vera e buona, ed è solo lo stretto legame tra questi elementi che ci fa crescere e che ci fa amare la vita, che ci spinge a cercarli.
«La vera educazione ci fa amare la vita, ci apre alla pienezza della vita», a scuola non si imparano solo nozioni, ma valori e abitudini. Francesco ha poi concluso con un augurio e una preghiera affidando tutti gli educatori a Maria, Maestra di vita: «Auguro a tutti voi una bella strada nella scuola, una strada che faccia crescere le tre lingue, che una persona matura deve saper parlare: la lingua della mente, la lingua del cuore e la lingua delle mani. Ma armoniosamente, cioè pensare ciò che tu senti e quello che tu fai; sentire bene quello che tu pensi e quello che tu fai e fare bene quello che tu pensi e quello che ti senti». A tutti l'incoraggiamento: «Non lasciamoci rubare l'amore per la scuola». Tra i tanti allievi di Papa Francesco c'era anche una rappresentanza dell'Istituto Maria Immacolata, un incontro tra tante persone che hanmo condiviso un'esperienza, un viaggio, un attimo di vita, un attimo di crescita, un' unione, delle emozioni che difficilmente potranno dimenticare. Le parole di Papa Francesco sono state applicate forse anche inconsapevolmente fin dalla partenza da Pinerolo, dove bambini, ragazzi e adulti si sono incontrati e si sono conosciuti e hanno condiviso un amore così forte che al ritorno resta quasi un'amarezza un dispiacere nel tornare ognuno alle proprie attività. Ma una cosa continua a legarli, ed è il ricordo della profondissima commozione nel vedere e nel sentir parlare il Papa, la serenità, la leggerezza e la gioia nell'aver vissuto un'esperienza bella, vera e buona.
Irene Ferrara